giovedì 29 marzo 2012

Noi non siamo il target

I mercati sono conversazioni.

Tutti i pubblicitari continuano, insistentemente, a parlare di target. Ormai la figura del target è praticamente scomparsa; sostituita da i momenti di vita. In pratica, prima dell'avvento di internet, nel periodo che viene definito moderno, tutte le persone si potevano riconoscere nel proprio lavoro, che ne generava la loro appartenenza sociale. L'importante era che gli individui avessero degli specifici comportamenti di consumo i quali erano fondati su su un insieme di valori e di atteggiamenti che generavano l'appartenenza ad un gruppo sociale.Per le marche era molto facile indirizzarsi verso le masse e concentrare la forza dei propri messaggi verso un pubblico più o meno indistinto.

L'avvento di internet e dei social network, ha cambiato radicalmente le cose. Con la possibilità di produrre contenuti dal basso, coloro che una volta erano considerati target, adesso diventano i veri protagonisti della comunicazione tra le marche e con le marche.

Tutto questo è reso evidente dal fatto che le persone non si riconoscono più nel lavoro che fanno, o per lo meno, non è il solo mezzo per stabilire l'identità di una persona. L'individuo postmoderno è caratterizzato da una molteplicità di sfaccettature che lo colloca in una posizione unica e inimitabile. Nella società postmoderna, è l'individuo che sceglie chi voler essere e per quanto tempo. In pratica, si può tranquillamente essere un impiegato delle poste la mattina e un punkettaro la sera (anche solo per un periodo limitato). 

E allora la domanda sorge spontanea: Perche i pubblicitari continuano ancora a parlare di Target?






giovedì 22 marzo 2012

Il poeta e la poesia

Essere un poeta non significa mettere insieme delle belle parole per cercare di emozionare colui che legge o ascolta.

Molti si pongono la domanda, se oggi, potenzialmente tutti potremmo essere poeti.

La risposta è NO.

La poesia può essere definita come  l'arte di esprimere sentimenti attraverso l'ausilio delle parole, le quali combinate attraverso una certa logica, hanno la capacità di stimolare delle sensazioni.

La poesia è strettamente legata al poeta, che per definirsi tale, deve avere anche quella capacità di sapersi immedesimare nel luogo da cui trae la sua aspirazione.






Ed è per questo motivo che molti dei poeti più importanti della storia, alle città, piene di caos e rumore, preferivano luoghi rurali dove potevano tranquillamente perdersi nei colori dei paesaggi e nei suoni della natura.






La natura ha la capacità di manifestare l'espressione della parte soprannaturale e divina che c'è in ognuno di noi, che emerge attraverso la poesia e l'arte più in generale.






Un giorno un tale disse: quando ti fermi a guardare qualcosa, più il tuo sguardo si perde all'orizzonte più la tua mente si apre liberando il tuo spirito.

La poesia non è dei poeti; ma di chi ha la mente serena e il cuore libero

venerdì 16 marzo 2012

Perchè non censurate FIAT ?

1991. Nell'ambito della della terza campagna informativa per la prevenzione contro l’AIDS ,il Ministero della    Sanità commissiona all’agenzia SCR Associati un opuscolo destinato alla informazione/prevenzione della malattia nella fascia adolescenziale - giovanile. Affidato alla matita di Silver, il padre di Lupo Alberto, ed ai testi di Vincenzo Perrone, il libretto si propone di illustrare l’uso del profilattico come strumento per evitare il contagio: “Come ti frego il virus! Un po’ di cose che è utile sapere per non avere nulla da temere”. 






Stampato in 480 mila copie nel dicembre del ‘91 e pensato per essere distribuito in luoghi di ritrovo giovanile (discoteche, soprattutto) "Lupo Alberto" - come presto viene chiamato per identificazione con il personaggio che ne è protagonista - viene fornito a Comuni, USSL, Associazioni ed anche prodotto in allegato a Tutto. Musica e spettacolo, la rivista Fininvest il cui target è costituito da giovani e giovanissimi. Tra la fine del ‘92 e l’inizio del ‘93, il Ministero ritiene di distribuire l’opuscolo anche nelle scuole, ottenendo il secco rifiuto dell’allora Ministro della Pubblica Istruzione Rosa Russo Jervolino. Come ribadito più volte, in un paese perbenista come il nostro la pubblicazione di pubblicità “scottanti” è severamente vietata a favore di un linguaggio più sobrio e attraverso l’utilizzo di immagini che siano minimamente contrastanti con una morale cattolica e conservatrice. Questo è forse, o anzi certamente, un limite nel nostro paese, cosa che ci tiene qualche passo indietro rispetto ad altre realtà.

Ma gli esempi non finiscono qui.
La moltitudine di pubblicità realizzate nel nostro paese e che per motivi molto spesso citati sono state censurate non si ferma soltanto alla prevenzione contro l’AIDS, ma si estende anche ad altre iniziative promosse dai creativi italiani. Un esempio significativo di censura pubblicitaria è rappresentato appunto dalle campagne realizzate da Benetton. L’azienda inizia una serie di attività aventi come finalità quella di accostare il proprio marchio ad alcuni problemi centrali della nostra società. Le campagne sono state realizzate con la collaborazione di Oliviero Toscani. Le prime campagne Benetton puntano al sovvertimento degli stereotipi


   


In Italia, ovviamente, ha fatto scalpore, facendo gridare allo scandalo, il famoso scatto, orchestrato sul contrasto bianco-nero, del casto bacio tra un prete e una suora, vibrante e di innegabile passione


Ma invece perchè non censurano FIAT ?



In questo spot si parla di Italia, di patriottismo, di imprese industriali, di italiani, di arte ecc... però se al di la del video (che di per se è molto bello) si vanno a leggere i commenti, si scopre l'altro lato della medaglia; ovvero quello che pensano gli italiani della Fiat.

La vera Fiat è quella che chiude gli stabilimenti a Termini Imerese, quella dei cassa integrati, quella dei dirigenti ultra miliardari. 


Questa è la vera Fiat; quella che lascia le persone a spasso, disperate e senza lavoro.

lunedì 12 marzo 2012

La battaglia di Maldon.....a modo mio e di Andrea


LA BATTAGLIA DI MALDON
…Un Inizio ed una Fine…


Laurea Magistrale in Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni
Corso in Teorie e Pratiche della Narrazione
a.a. 2009/2010




Una storia di:

Andrea Aversa ed Alessandro Magistro

  

INDICE:

Prefazione                                pagina 3

Prologo                                    pagina  5

Inizio: Il Messaggero              pagina  8

          Il Consiglio                   pagina  10

          Il Viaggio di Gunnar    pagina 13

          Wigelin                         pagina 16

Fine: Godric                          pagina 18

        Hannober                      pagina 21

        Ritorno a Casa              pagina 23

       Il Funerale                     pagina 24

Epilogo                                 pagina 27




PREFAZIONE

Non è stato facile per noi improvvisarci degli scrittori, forse non è facile per nessuno, ma avere la possibilità di scrivere una storia credo sia un’ occasione che ognuno deve saper sfruttare. Diciamo questo perché pensiamo che le parole abbiano una forza sovrumana, esse servono per comunicare e quindi per relazionarsi con gli altri, ma quando si tratta di usarle per interpretare un qualcosa, e nel nostro caso un evento storico, allora tutto è diverso. In questo caso le parole ci permettono di rendere concreta la nostra fantasia, di far si che un periodo lontano nel tempo possa essere così come lo immaginiamo, le parole insomma, hanno scritto e narrato la storia di tutti noi. Perché se la base è fornita da dati storici certi ed intangibili, il resto, tutto il resto, è determinato dalle nostre interpretazioni, insomma per farla breve, come si dice…la storia è scritta dai vincitori!!!
Questo non sempre è giusto, spesso è stato un concetto che non ci ha permesso di conoscere realmente cosa possa essere accaduto in un determinato tempo, di un determinato luogo, ma alla fine anche questo è il bello della storia, il suo mistero, il suo fascino.
Inoltre il poter scrivere in coppia ha rappresentato una sfida importante, quella di conciliare e confrontare le nostre opinioni e modi di vedere le cose.
La battaglia di Maldon ha segnato un passo importante dell’epica inglese ed anglosassone, è servita a narrare delle gesta di alcuni personaggi contro degli altri, ha narrato molte questioni, molte dicotomie, molti archetipi…ha permesso lo sviluppo di varie interpretazioni.
Noi in maniera molto umile ci siamo permessi di fare delle aggiunte che nascono dalla nostra fantasia, dalla voglia di narrare un qualcosa che ci rimanda in un tempo antico, abbiamo inventato nomi, luoghi ed eventi, cercando, speriamo, di restare fedeli a quello che è il testo di base.
In particolare abbiamo pensato di partire da un prologo che si sviluppa in due parti: la prima è ambientata nel 1730 in Inghilterra, ed esattamente nella casa di Sir Cotton, quando la sua biblioteca è preda delle fiamme di un incendio che distrusse tantissime opere; ed è qui che vengono trovati i resti del manoscritto originale della battaglia.
Una seconda parte è invece ambientata in un Inghilterra di due secoli dopo, agli inizi del 900, dove la pronipote di Sir Cotton, la giovane Ashley Cotton, trova in un testo antico di storia e letteratura inglese, un secondo manoscritto che sembra narrare l’inizio e la fine della battaglia in questione. Ma Ashley non scoprirà soltanto un pezzo di carta, ella capirà come le parole siano fondamentali per i corsi e ricorsi della storia (così come affermava Giambattista Vico) e di come, inconsapevolmente essa stessa ne sia protagonista.
La struttura della nostra storia è interamente costruita per cercare di dare spazio ad entrambi i punti di vista: quello inglese e quello scandinavo, ed inoltre cercheremo di poter integrare quelle che sono le interpretazioni che Borges e Tolkien daranno della battaglia (così come abbiamo visto in classe durante le lezioni).
Per questo tutto parte dall’avvistamento da parte di una vedetta inglese situata sulla costa, che avvista in lontananza le navi nemiche, allertando la propria gente, e provocando, di conseguenza, la formazione di un consiglio di guerra (citato nel manoscritto originale), in cui cercheremo di dare “vita” a personaggi che non sono protagonisti ma sicuramente sono fondamentali per lo svolgersi degli eventi.
L’altro punto di vista è quello dei vichinghi e di come loro si preparano alla guerra ed all’invasione, cercheremo di dare una certa immagine di re Olaf  e di smarcarci dalla totale visione inglese di cui è “impregnato” il manoscritto.
Il finale che abbiamo immaginato, dalla prospettiva inglese, si sviluppa in due momenti chiave: il primo ha come assoluto protagonista Godric, marchiato come traditore nel testo originale, e noi cercheremo si analizzarne la figura provando a comprenderne il gesto. L’altro momento è il ritorno a casa del cadavere di Byrhtnoth (seguendo l’interpretazione di Tolkien e Borges) e di come due personaggi narreranno dopo il funerale l’andamento della battaglia. Dal punto di vista scandinavo, proveremo a capire come re Olaf reagisce alla vittoria, come si relaziona alla figura del suo nemico e come pensa alle sue vittime cadute in battaglia per servire la causa di un’invasione.
Infine c’è un epilogo, in cui la storia finisce dove è cominciata e con la stessa protagonista, Ashley Cotton.
In particolare cercheremo di analizzare: la figura di Byrhtnoth e di quanto il suo sacrificio sia stato utile alla sua causa, il ruolo della donna, all’interno del manoscritto ed attraverso il nostro prologo ed epilogo (e di come, soprattutto, visto che le donne sono sempre messe in secondo piano, esse tramano le fila della politica alle spalle dei sovrani), la figura di re Etelred, ed in generale cercheremo di descrivere i luoghi dove si sviluppano gli eventi ed i personaggi soffermandosi sul loro aspetto fisico e psicologico.
Ovviamente facendo tutto ciò con massima umiltà seguendo al meglio i consigli e le informazioni che abbiamo avuto a lezione, ma soprattutto la nostra fantasia e voglia di narrare…buona lettura.



PROLOGO

Parte 1°

Inghilterra, 1730

Le fiamme si potevano scorgere da molto lontano, la notte quasi perdeva la sua oscurità davanti alla luminosità del fuoco, le urla che provenivano dalla casa si udivano per chilometri e chilometri…l’incendio è stato devastante, pensava Sir Cotton, il giorno dopo, per fortuna non c’erano state vittime, o meglio ce ne erano state, vittime “culturali e della letteratura”, se così possiamo chiamarle. La sua collezione della sua amata ed invidiata biblioteca era quasi interamente distrutta, Sir Cotton tratteneva le lacrime, non sapeva se era affranto più per la perdita, più per il pensiero del tempo perduto a ritrovare opere, anche rare, sparse nel mondo, o se perché adesso, nella Londra che conta, qualcuno non gli avrebbe invidiato più nulla.
Egli girava tra le rovine ed i resti della biblioteca con la speranza di trovare ancora qualcosa e di salvare il salvabile, il suo passo era lento, il suo sguardo meticoloso; all’improvviso tra la cenere, il legno bruciato e quelli che sembravano i resti di libri antichi, la sua costanza venne premiata. Un manoscritto, scritto in inglese antico, appariva davanti ai suoi occhi, per Sir Cotton quello era un superstite che quasi chiedeva aiuto, come un uomo, che appunto, riesce a scampare alle fiamme e resta tra le macerie. Era un manoscritto incompleto che andava salvato ed il titolo recitava: La Battaglia di Maldon…

Parte 2°

Inghilterra, 1900

La giovane Ashley amava stare li, tra tutti quei libri, tra l’odore dalla carta ammuffita, tra il piacere che la stessa carta da al tatto quando la si sfoglia, tra il gusto di veder premiata la propria curiosità quando si trova un libro dopo averlo cercato per tanto tempo. Lei amava stare ore ed ore nella biblioteca di famiglia, certo, lei aveva sempre desiderato vedere quella antica, quella leggendaria del suo bisnonno Sir Cotton, ma purtroppo andò bruciata durante uno spaventoso incendio. La sua passione era data dall’amore per la lettura, amore che suo nonno prima e suo padre in seguito le avevano inculcato; loro lo facevano fin da quando era bambina, leggendole o raccontandole delle storie, purtroppo era un compito che spettava al padre visto che sua madre era morta quando l’aveva partorita. In particolare lei amava una storia, forse perché era tratta da un manoscritto che si salvò da quel brutto incendio e quindi alimentava la sua curiosità di vivere quella biblioteca; forse amava quella storia perché era avventurosa e narrava di storie di guerrieri e battaglie che avevano segnato il destino della sua terra; forse amava quella storia perché era incompleta e non poteva darle il gusto ed il piacere di sapere come tutto era cominciato e poi finito.
Tutti i giorni, infatti, Ashley era alla ricerca di testi di letteratura e storia inglese per soddisfare questa sua curiosità, era quasi da sempre che ci provava, suo padre le diceva che quella era una battaglia che cambiò il destino dell’Inghilterra, nel bene e nel male e che molto sangue fu versato. Le diceva che alla fine gli invasori vichinghi riuscirono a vincere ed invadere il loro paese e che l’eroe Byrhtnoth morì con onore e gloria in battaglia, onore e gloria che però costarono la perdita della guerra all’Inghilterra. Ma lei era troppo curiosa, Ashley, voleva leggere, voleva trovare in quelle storie una loro ufficialità, voleva realmente capire come tutto era andato e saperne di più sui personaggi che furono protagonisti di quell’avventura. La curiosità di Ashley era una delle sue maggiori caratteristiche, la rendeva intrepida e infermabile davanti ad un ostacolo, insomma lei era molto determinata.
Improvvisamente, mentre rovistava tra gli scaffali, cadde un libro, molto antico, da come le pagine erano ingiallite dalla muffa e dalle parole, probabilmente scritte in inglese antico. Iniziando a sfogliare le cadde tra le mani un manoscritto di più pagine, Ashley, sentiva che il suo cuore iniziava a battere sempre più forte, c’erano date che risalivano al 1200, luoghi, Essex, c’erano nomi, Byrhtnoth. Aveva trovato quello che cercava, la Battaglia di Maldon, forse un inizio, forse una fine, bastava che iniziasse a leggere…




Scrivo queste parole per narrare una storia; questa storia mi è stata raccontata da chi l’ha vissuta; molti aspetti sono venuti fuori in seguito, quando questa battaglia stava per essere dimenticata.
Ed oggi che l’Essex è governato da un re giusto e valoroso quanto Byrhtnoth è il momento di raccontare e di fare in modo che tutti sappiano che sacrificare vite umane non ha prezzo…non ci sono ne gloria ne onore che confortino i cuori di chi ha perso in battaglia i propri amici o familiari.
E’ giunto il momento di raccontare il sacrificio di tanti valorosi guerrieri che nonostante l’esito deciso della battaglia hanno combattuto donando la vita per la propria terra e per il proprio popolo.
Prego ogni giorno Dio per le loro anime…


Con umiltà, dolore e passione,
Wiennacht




INIZIO

Il messaggero

Inghilterra, 1200

La notte era stata fredda e Januor era felice di vedere come il sole stesse per sorgere ed incontrare il cielo; egli era giovane, il suo compito era soltanto quello di sorvegliare l’orizzonte dalla costa dell’Essex, ma sognava da sempre di accompagnare in battaglia il suo signore, il leggendario Byrhtnoth. Januor non sapeva che quel suo sogno si sarebbe avverato, anche se il rosso del cielo, ormai prossimo all’alba, lasciava presagire che presto si sarebbe versato molto sangue su quelle terre. Egli non sapeva perché era preso da quei cattivi pensieri, ma all’improvviso ne capì il motivo: lontano sul mare iniziarono a comparire un centinaio di navi, e non c’erano dubbi, non erano navi inglesi, non erano navi amiche, venivano dal Nord, ed a Nord c’erano loro: i vichinghi.
Januor non ci pensò due volte, corse a perdifiato, lasciò la sua postazione e balzò sul suo cavallo orinandogli di galoppare verso casa come non aveva mai fatto prima, era necessario tornare al villaggio il prima possibile; Byrhtnoth doveva sapere al più presto.

Il messaggio arrivò alla corte di Byrhtnoth, egli era uno dei migliori vassalli di re Etelred, migliore in battaglia ed in fedeltà. Il suo castello era tra i più grandi di Inghilterra, la sua corte tra quelle più efficienti, la sua milizia tra quelle più forti. Eppure non c’era ne sfarzo ne lusso, egli preferiva la sostanza alla forma, eppure sapeva, sapeva che presto sarebbe stato messo alla prova. Il sogno della notte precedente sembrava rivelare qualcosa: Byrhtnoth, fedele cristiano, richiamato da un angelo che con le sue ali quasi sembrava prima proteggerlo e poi soffocarlo nel suo letto…dopo si ritrovò in un campo…non c’era niente, il nulla, soltanto lui e quell’angelo; l’angelo gli parlava ma lui non riusciva a sentire, ma sembrava che voleva avvertirlo su qualcosa, e soprattutto prepararlo ad un evento che avrebbe segnato per sempre la sua vita. L’angelo si allontanava, lui lo ricorreva ma non riusciva a raggiungerlo, finché l’angelo non salì in cielo, ed egli sentì la terra tremare sotto i suoi piedi, il terreno su cui si trovava si stava crepando, distruggendo, stava per cadere nel vuoto…fu in quel momento che si svegliò, di soprassalto, con un urlo che gli si fermò in gola, in una pozza di sudore. Si girò, ma al suo fianco non c’era nessuno, la sua consorte la signora Elwin morì tempo prima per una sconosciuta malattia, lasciandolo senza eredi…allora lasciò la sua camera e raggiunse la sala del trono si sedette ed iniziò a meditare sul da farsi. La sala non era particolarmente grande, era come un rettangolo piuttosto lungo, ai cui lati c’erano le statue dei vari signori dell’Essex, separate da delle altissime colonne, difatti la sala era molto alta…sicuramente ci sarebbe stata anche la statua di Byrhtnoth prima o poi. Sul soffitto regnava un grandissimo lampadario, giusto al centro ed alla fine c’era il trono, ed alle spalle un camino enorme che quando era acceso donava luce  e calore a tutto l’ambiente. Ma ad essere impressionante era un imponente crocefisso posto in alto, sopra al trono, la croce in legno, il Cristo in marmo…Byrhtnoth era protetto da Gesù Cristo ed agiva per suo volere.
L’espressione di Byrhtnoth era truce, il suo sguardo triste e preoccupato, i suoi profondi occhi neri tralasciavano sensazioni contrastanti.
Il trono era abbastanza grande, in realtà non se ne vedevano di così in nessun castello; questo perché Byrhtnoth, era molto alto e robusto, insomma la sua era una statura atipica, ma vestito al completo, con l’armatura e pronto per la battaglia, riusciva a incutere gran timore nei suoi avversari. Si diceva per via di una leggenda, che Dio avesse voluto di proposito che il miglior signore della storia dell’Essex, dovesse essere così alto, a costo di sembrare strano, per dargli la possibilità di veder lontano e tutto dall’alto…
Byrhtnoth non doveva attendere nessuna autorizzazione particolare, aveva l’autorità per decidere; re Etelred avrebbe comunque saputo al più presto, un messaggero era partito verso Londra con brutte notizie, ma la risposta del sovrano avrebbe impiegato molto tempo ad arrivare, ecco perché Byrhtnoth doveva convocare al più presto il consiglio. Il tempo stringeva, le navi sarebbero state nei pressi della costa entro un paio di giorni.
<<Byrhtwold! Devo convocare il consiglio, ci sono oscuri presagi all’orizzonte..>>, Byrhtwold, era il suo fedelissimo servo, era anziano ma molto saggio, aveva servito suo padre prima di lui, non c’era persona più fidata alla sua corte.
<<Mio signore cosa vi turba, che notizie ha portato il nostro messaggero?>>
<<Un centinaio di navi vichinghe sono state avvistate mio fedele amico, pronte per invaderci, almeno credo, sicuramente non sono venuti così numerosi per un incontro pacifico>>.
Il signore era determinato e deciso allora Byrhtwold acconsentì ed iniziò ad organizzare quello che sarebbe stato il consiglio di guerra più importante dell’Essex.




Il Consiglio

La sala del consiglio era adiacente a quella del trono, ma era diversa da questa: essa aveva una struttura quadrata ed appariva più grande; al centro c’era un grandissimo tavolo in legno, quadrato anch’esso il cui posto a capotavola era riservato a Byrhtnoth. Anche qui c’era un gran camino ed un crocefisso uguale a quello della sala del trono…il signore sedeva dal lato del tavolo alle cui spalle c’era il crocefisso. L’atmosfera che regnava in quella sala era caratterizzata da uno spirito di grande meditazione e misticità; li si riunivano i migliori uomini di Byrhtnoth, quelli più abili ed a lui più fedeli; quella era la stanza dove venivano prese le decisioni più difficili e decisive per il destino dell’Essex. Il consiglio era un rituale: prima di iniziare si pregava e si invocava Dio affinché potesse guidare le decisioni prese; ovviamente Byrhtnoth guidava tutto il rituale e solo alla fine della preghiera iniziava il consiglio. Alla fine se era stato raggiunto un accordo ed era stata tracciata una strategia, si festeggiava e si organizzava un banchetto dove c’erano carne, vino e birra a volontà, tutto per propiziare al meglio la missione.
Prima che arrivasse Byrhtnoth, in sala c’erano già tutti, e tutti già discutevano tra loro su cosa possa aver spinto il loro signore a convocare un consiglio con tale urgenza; tutti si chiedevano chissà quale minaccia incombeva sul loro destino e sul destino della loro patria. C’erano il saggio Offa con il suo giovane nipote Eeckboom, ed i valorosi Wulfstan, Eadric, Godric, e Aelfwine; l’unico ad essere silenzioso era Offa, era da quando era entrato che non pronunciava una parola, questo preoccupò ed incuriosì il suo giovane nipote:
<<Zio, sapete qualcosa di cui noi non siamo a conoscenza? La vostra espressione non promette nulla di buono>>
<<Mio giovane nipote…era da tanto tempo che il nostro signore Byrhtnoth non invocava un consiglio in questo modo; come raccontano le leggende, era dalla battaglia di Hastings contro i normanni che in questa sala non ci si riuniva con questa tensione. Io credo che sia normale che in certe situazione la parola lasci il posto al pensiero>>.
Offa era il generale delle truppe, era colui che accompagnava Byrhtnoth da sempre, il suo viso, il grigiore dei suoi capelli, e le cicatrici sparse sul suo corpo facevano capire che egli era stato un cavaliere per eccellenza, per Byrhtnoth era anche un maestro, una persona con cui confidarsi, condividere pensieri oltre che morti in battaglia.
Nel frattempo Godric era vicino a Eadric, mentre Aelfwine e Wulfstan erano poco distanti; essi erano coloro che per volere di Byrhtnoth prima, ed Offa dopo, comandavano i vari battaglioni dell’esercito del loro signore, erano disposti attorno al tavolo pronti a prendere le loro posizioni.
<<Si dice che i vichinghi sono vicini, è per questo che il nostro signore ci ha convocati>> disse Aelfwine.
<<Bhè qualunque sarà la minaccia l’affronteremo; nessuno invade la nostra terra pensando di restare indenne>> rispose con tono deciso Wulfstan.
<<I vichinghi sono una seria minaccia, già ci abbiamo avuto a che fare, sono temibili in battaglia ed è tanto tempo che arrecano problemi al nostro re Etelred ed alla nostra amata Inghilterra>> si intromise Godric, con tono basso.
<<E con ciò? se qui luridi pagani hanno deciso di invadere l’Inghilterra passando per l’Essex, troverà un esercito pronto a dare la vita per il suo sovrano e la sua terra>> affermò Eadric, quasi infastidito dal tono cupo di Godric.
Il brusio e le discussioni furono improvvisamente interrotte dall’aprirsi delle porte della sala, fecero il loro ingresso Voderunser e suo figlio Hannober seguiti dal giovane Wistan, nipote di Byrhtnoth.
<<Allora che notizie porti mio caro amico?>> chiese Offa a Voderunser; quest’ultimo forse dopo Offa era uno dei guerrieri più anziani e meritevoli dell’esercito di Byrhtnoth.
<<Brutte Offa…ora con mio figlio e Wistan siamo tornati dalla costa; è tutto vero i vichinghi sono vicini, hanno uno schieramento di cento navi tutte preparate per la guerra ed a bordo ci sarà la solita miriade di barbari pronta a saccheggiare e distruggere i nostri villaggi>>.
Tutti prestarono attenzione a quelle parole ed i sguardi di tutti s’incupirono e si abbassarono…
All’improvviso entrò in sala Byrhtwold, fece accomodare il saggio Wiennacht e l’aspirante menestrello Kindjees, essi avevano il compito di scrivere quello che veniva deciso dal consiglio e di creare una storia affinché tutti, nel presente e nel futuro possano ricordare quei giorni.
<<Prendete posto nobili guerrieri, nostro signore Byrhtnoth sta arrivando>> l’annuncio di Byrhtwold fece sedere tutti…Byrhtnoth, che di solito non si faceva aspettare troppo fece il suo ingresso con passo lento ma deciso, si avvicinò al suo posto e prima di sedersi si rivolse ai suoi uomini:
<<Alziamoci amici miei e preghiamo Dio, nostro signore, affinché ci guidi per farci prendere le giuste decisioni per noi, per i nostri familiari, per i nostri amici e per la nostra amata Inghilterra>>
A quelle parole tutti scattarono in piedi ed iniziarono a pregare:

“O Dio onnipotente signore del cielo e della terra,
guidaci affinché noi poveri uomini possiamo decidere per noi e per il nostro popolo,
guidaci affinché i nemici che ci minacciano siano cacciati via,
proteggi noi, proteggi re Etelred che parla in vece tua, proteggi l’amata e nostra Inghlterra.”

Finita la preghiera tutti si sedettero, e Byrhtnoth prese la parola:
<<Amici miei, miei fedeli e valorosi compagni di tante battaglie, come già potete sapere ed immaginare, un’oscura minaccia incombe su di noi…stanotte è arrivato un messaggio dalla costa…una nostra vedetta ha avvistato all’orizzonte un centinaio di navi nemiche pronte ad invaderci…e le notizie che Voderunser porta confermano tutto>>
Byrhtnoth prese fiato e fece un sospiro, poi continuò:
<<I vichinghi vogliono passare per l’Essex, stavolta non per una semplice razzia, non per una semplice battaglia, i pagani vogliono noi, le nostre vite e la nostra Inghilterra!>>
Fu dopo queste parole che tutti rimasero immobili, addirittura sembrava che persino il respiro si era fermato…non era Byrhtnoth che regnava in quella sala ora, ma il silenzio, il timore e la voglia di affrontare il nemico.
Byrhtnoth continuò:
<<Amici miei stavolta ci sarà poco da decidere, dobbiamo scendere in guerra e farlo in fretta, schierarci sulla costa e spingere gli invasori, ne va del destino del nostro popolo>>.
Offa, a quel punto prese la parola.
<<Mio signore, voi siete saggio oltre che abile in combattimento…siete il sovrano dell’Essex e se decidete di andare in battaglia io vi seguirò con i miei uomini e saremo tutti orgogliosi di morire per voi e per l’Inghilterra. Ma di tutto questo cosa pensa il nostro re Etelred?>>
A questa domanda seguirono un paio di secondi lunghi tutta una vita, la figura di re Etelred era costellata di dubbi e contraddizioni.
<<Offa se io sono saggio ed abile con le armi lo devo a te ed ai tuoi insegnamenti…si sa che per me sei stato come un secondo padre, e per te avrò massimo rispetto fino alla morte che se verrà combattendo al tuo fianco mi renderà fiero di tutta la mia esistenza. Ma noi sappiamo bene, e che questo rimanga tra noi, che re Etelred non sempre è stato pronto ad affrontare certe situazioni…in questo momento un messaggero sta viaggiando verso Londra ed il re sarà avvisato al più presto, ma se noi restiamo in attesa di una risposta ci ritroveremo morti, le nostre donne violentate, i nostri giovani ridotti in schiavitù, i nostri villaggi bruciati e le nostre risorse saccheggiate…dobbiamo agire e subito; è Dio e le nostre leggi che ci autorizzano a farlo>>
A quel punto intervenne Eadric:
<<Mio signore se re Etelred non è in grado di garantire le giuste difese penseremo noi al nostro popolo ed ai nostri villaggi…io sono con voi e pronto a morire in battaglia!>>
<<Anche io!>>, <<Ed io mio signore!>>, urlarono, sbattendo i pugni sul tavolo, Aelfwine e Wulfstan.
<<Io sarò degno di voi e mio zio fiero di me, signore!>> urlò Eeackboom.
L’unico ad essere silenzioso ed estremamente pensieroso rimase Godric che spezzò il suo silenzio:
<<Anche io come tutti voi sono pronto a difendere la nostra terra e la nostra gente…ma non riusciremo mai a radunare un esercito in grado, solo per numero, di sconfiggere i nostri nemici. Abbiamo bisogno di tempo e che il nostro re invii i dovuti rinforzi se vogliamo evitare inutili stragi>>.
A quel punto intervenne Voderunser:
<<Mio caro Godric tutti vorremmo del tempo ma purtroppo non ne abbiamo…la strategia pensata con nostro signore Byrhtnoth sarà questa, essa è utile per allontanare i nemici infliggere loro molte perdite e nel frattempo sperare nei rinforzi a cui tu ti riferivi>>.
A quel punto gli occhi di Offa si illuminarono:
<<La lingua di Breadwater!>>
<<Esatto amico mio>>, disse Byrhtnoth, <<I nordici dovranno passare obbligatoriamente per quel ponte di terra per invaderci…essi dovranno aspettare la bassa marea e passare in fila con tutto l’esercito per quel tratto. Se noi riuscissimo ad opporre resistenza in quel punto, ridurremo talmente male i nostri nemici, che essi si troveranno senza conforto, il loro morale sarà a pezzi e vedendo che un pugno di uomini respingerà un attacco di una miriade di barbari pagani, si ritireranno. Se poi arriveranno i rinforzi meglio ancora, ma io suggerisco di contare su noi stessi, facciamo in modo che quel pugno sia forte come il ferro e resistente come la roccia!>>.
A quel punto Byrhtnoth riprese fiato ma stavolta si alzò, il suo sguardo cambiò ed il suo tono si fece forte e deciso:
<<Fratelli miei, un Angelo mi è apparso in sogno stanotte, Dio ha inviato il suo di messaggero, per avvertirci che noi faremo presto i conti con il nostro destino e le nostre esistenze. Questa è la più grande sfida che ci attende, rendiamoci fieri ai suoi occhi, rendiamo fiero il nostro popolo e la nostra terra…andremo in guerra, combatteremo disposti a morire sapendo che lui ci accoglierà tra le sue braccia; andremo in guerra sapendo che comunque andrà il nostro nemico non si dimenticherà mai di noi…mai!>>
A quel punto tutti si alzarono, tutti assunsero lo sguardo forte e senza paura del loro signore; Byrhtnoth sapeva come motivare i suoi uomini ed anche questa volta lo aveva fatto nel migliore dei modi.
A quel punto iniziò il banchetto, il cibo e le bevande, accompagnati dai versi e le musiche di Wiennacht e Kindjees, allietarono la tensione che aveva caratterizzato il consiglio. Byrhtnoth era affiancato da Offa da un lato e da Byrhtwold, dall’altro, mentre i giovani guerrieri erano tutti impegnati nel ridere e parlare.
Ma Offa ed il suo signore non erano i soli ad essere pensierosi, ai margini di tutti con lo sguardo più cupo del solito c’era Godric.



Il Viaggio di Gunnar

La notte trascorreva velocemente mentre Gunnar e l’amara Aurnia ammiravano le stelle al chiaro di luna. Nei loro volti era possibile scorgere un velo di malinconia per la partenza ormai prossima del giovane guerriero, ma nonostante ciò, non volevano sprecare nemmeno un momento, progettando ansiosamente il loro matrimoni, dopo che egli sarebbe ritornato vittorioso dalla spedizione in Bretagna. I due si abbracciarono fortemente e la tensione lasciò spazio ad un amore che si consumava sotto gli occhi attenti della luna, quasi a consacrare la loro unione. Quando la notte iniziava a infittirsi i due innamorati decisero di fare ritorno a casa, Gunnar doveva riposare, il giorno seguente sarebbe stato molto faticoso per il giovane. Quando i due giunsero su l’uscio di casa della futura moglie si giurarono amore eterno e mentre le loro mano pian piano si lasciavano con un ultimo sguardo i due si dissero addio. Era appena sorto il sole quando il giovane Gunnar, da poco svegliato, si accingeva a preparare l’occorrente per affrontare la traversata. Egli non aveva neanche diciotto anni ma era già pronto per partire per la sua prima avventura, era poco più che un ragazzo con tanta voglia di dimostrare il suo valore a re Olaf, il quale lo aveva a cuore lo considerava uno di quei guerrieri di cui un giorno si sarebbero narrate le gesta in tutto il mondo e nella storia. Gunnar dopo aver salutato la madre la quale non riusciva a trattenere le lacrime e a ripetergli quanto lo amasse accennò un timido segno di commozione, ma sapeva benissimo che appena fuori di casa il suo sguardo sarebbe dovuto subito tornare fiero, gli altri guerrieri, compreso re Olaf, non avrebbero certo gradito i segni di debolezza di un membro della loro valorosa armata; quindi il giovane guerriero raggiunse il porto dove già la vi era una intensa attività di preparazione delle navi da guerra. Subito gli venne incontro Annar suo amico e mastro di armi il quale lo accolse e lo invitò a mettersi a lavoro. Gunnar era molto affezionato ad Annar e lo considerava quasi come se fosse suo padre, perché il vero padre di Gunnar era morto in battaglia quando egli era ancora un bambino e da quel momento Annar si prese cura di lui insegnandogli tutto quello che sapeva sulla guerra e sulla vita. C’era ancora molto da fare prima di partire, si dovevano caricare tutte le provviste e alcune delle armi da utilizzare in battaglia, quindi Gunnar ed Annar si diressero verso il resto dell’equipaggio e si unirono ai lavori di preparazione. Quando tutto fu pronto per partire re Olaf giunse al porto, accompagnato dai suoi generali e invitò tutti i componenti della sua armata a udire ciò che stava per dire. Il suo discorso fu molto breve ma carico di passione e di incoraggiamenti nei confronti di coloro che il re considerava dei guerrieri invincibili capaci di superare qualsiasi avversità e di vincere su qualsiasi armata avesse abbastanza fegato da schierarsi contro di loro. E quando re Olaf diede l’ordine tutti i membri dell’equipaggio raggiunsero le loro postazioni all’interno delle drakkar potentissime navi da guerra vichinghe. La navigata sarebbe dovuta durare all’incirca tre giorni e Gunnar sapeva benissimo come avrebbe trascorso il suo tempo, ad allenarsi duramente con la spada, insieme al suo maestro Annar il quale aveva insegnato lui quest’arte da quando il giovane aveva solo dieci anni. Erano passate soltanto poche ore da quando le navi avevano lasciato il porto e Annar chiamò a se Gunnar per dirgli qualche cosa di molto importante circa gli inglesi e ciò che avrebbero trovato quando giunti in Inghilterra. Annar conosceva molto bene il valore delle truppe inglesi e anche la loro abilità in battaglia e per questo motivo che disse a Gunnar di restargli sempre vicino in battaglia e di non cercare di fare l’eroe avventurandosi tra le linee nemiche. Gunnar ascoltava silenziosamente le parole del suo maestro e per questo motivo fu curioso di chiedergli cosa egli avesse provato la prima volta che andò in battaglia. Annar allora resto in silenzio per qualche secondo come se qualcosa lo turbasse e dopo iniziò dicendo che nella vita il modo più nobile per morire era sacrificare la propria vita per salvare quella di un’altra persona. Gunnar lo guardò stranito e gli chiese il perché di quella affermazione, ed egli gli rispose che ricordava benissimo quello che era successo il giorno in cui affrontò per la prima volta dei nemici. Ricordava che provò un’emozione e allo stesso tempo una paura che non possono essere spiegate con delle parole. Disse che la battaglia stava andando benissimo quando si trovò insieme ai suoi compagni di armi in mezzo ad un’imboscata e mentre stava per essere colpito da una spada nemica, Birgher, suo migliore amico si mise in mezzo e fu trafitto dalla spada rivale. Annar continuò dicendo che la collera fu molta e che iniziò ad andare verso i nemici senza alcuna lucidità e ne uccise moltissimi e quando la battaglia fu finita il dolore provato per la perdita dell’amico fu grandissima. Questo servì per fare capire al suo giovane allievo che nonostante le ricchezze necessarie che occorrono per cercare di vivere una vita dignitosa le guerre portano molta disperazione e morte. Infatti non tutti i guerrieri vivevano la guerra allo stesso modo, vi erano coloro che come Annar per fare fronte al loro stato di povertà avevano bisogno di partecipare alle spedizioni, ma vi erano anche coloro che vi partecipavano per la gloria o anche chi solo per placare la loro sete di sangue e di distruzione. Gunnar era molto fiero del suo maestro perché sapeva bene che non era un assassino e che però non aveva altro modo che combattere per poter vivere e portare il pane a casa per la moglie e la figlia che aveva 6 anni. Quando il discorso di Annar fu finito il giovane iniziò a svolgere il compito che gli era stato assegnato sulla nave, ovvero quello di pulire con lo straccio i pavimenti della nave. Ad egli era toccato questo compito perché era il membro più giovane all’interno della nave e quindi quello meno esperto, mentre Annar essendo un guerriero valoroso, spettava il compito di ultimare le strategie di invasione assieme ai generali di Olaf che si trovavano sulla sua stessa nave. Quando il sole fece posto alla luna che contemporaneamente sanciva la fine dei lavori sulla nave e tutto l’equipaggio, salvo coloro che erano addetti alla navigazione, si riunirono per cenare. La cena era molto abbondante a base di carne di pecora e di birra di gentile concessione di re Olaf che considerava molto importante distrarre i guerrieri. Quando la birre iniziò a fare il suo effetto sulle menti degli uomini, qualcuno inizio ad accennare qualche passo di danza a ritmo di corni e flauti che suonavano incessanti. Gunnar dopo aver finito di cenare si alzò per andare a contemplare il mare e mentre la festa proseguiva un rozzo guerriero vichingo un po scosso dalla birra gli pestò casualmente il piede, ma nonostante ciò pretese le scuse del più giovane compagno d’armi, il quale si rifiutò. Era solito risolvere questi piccoli problemi con dei duelli. Aslak guerriero anziano tirò loro due pezzi di legno e invitò i contendenti allo scontro, i quali non si tirarono di certo indietro. Gunnar era molto più giovane del suo avversario, ma non per questo meno coraggioso, dopo qualche secondo di studio lo scontro ebbe subito inizio sotto gli occhi attenti di tutto l’equipaggio, compreso Annar che era ansioso di vedere il giovane alla prova contro un guerriero esperto, ma allo stesso tempo fiducioso sull’esito dello scontro. Il duello fu molto agguerrito, entrambi i combattenti non esitavano a sferrare colpi violenti, ma l’agilità di Gunnar fu fatale per il rivale, il quale colpito ad un fianco cadde a terra e dopo non molto si ritrovò il giovane di sopra pronto a dargli il colpo di grazia che però fu stroncato da un urlo di Egil, generale delle truppe di Olaf, il quale gli impose di deporre le armi e di concentrarsi sugli inglesi. Ma come era solito nelle usanze vichinghe, quando lo scontro finì, i flauti e i corni ripresero a suonare e i due contendenti andarono a bere insieme a bere un calice di birra ripristinando la pace. La festa sulla nave riprese e tra canti e brindisi in onore di Odino, Dio vichingo della guerra, giunse l’ora di andare a dormire. Quando si alzarono le prime luci del mattino l’attività sulla nave ricominciò, Gunnar fu chiamato ai remi, avrebbe dovuto remare per circa due ore di seguito; i turni prevedevano delle rotazioni di due ore tra i membri dell’equipaggio esclusi i guerrieri più anziani. Anche se la fatica fu molta, Gunnar non sembrava provato dal lavoro e dopo aver finito il turno andò a sedersi vicino Annar il quale stava lucidando la propria spada. Il maestro finalmente ebbe l’occasione di complimentarsi con il giovane per la prova offerta la sera prima, e successivamente lo invitò ad allenarsi con la spada. Mentre i due erano impegnati nella sfida furono di fretta chiamati; una tempesta era in arrivo. I due raggiunsero gli altri e velocemente iniziarono a calare le vele, il vento si alzava velocemente, un forte acquazzone era imminente. Durante la fase di raccolta delle vele Annar fu colpito da un’onda che investi l’interno della nave la quale lo rovesciò sull’altra sponda della nave facendogli sbattere la testa e che gli causò uno svenimento. Gunnar appena accortosi della situazione lasciò la sua posizione per raggiungere il suo maestro che velocemente fu portato al riparo sotto coperta. Quando Annar si risvegliò la tempesta era finita e le nubi avevano lasciato posto al sole che tornava a splendere nel cielo, egli si alzò e raggiunse la coperta dove tutti erano alle prese con i lavori di riparo della nave, il soccorso ai numerosi feriti, ma anche la preparazione della celebrazione dei due caduti. Come nella tradizione vichinga, furono costruite due zattere, dove vennero riposti i due cadaveri assieme alle offerte e quando si distanziarono dalla nave due frecce incendiate le colpirono sotto gli occhi attenti e malinconici dei loro compagni. Assopito il dolore provocato dalla tempesta Olaf e i suoi uomini ripresero il viaggio. Quando giunse la sera tutti i marinai furono chiamati a riunione, Egil doveva spiegare alcune strategie di battaglia, l’invasione era sempre più imminente. Tutti i guerrieri erano seduti e ascoltavano attentamente le parole del loro generale, che ricordava i motivi per cui si andava in battaglia, ossia denaro e gloria. Quando la riunione termino Gunnar andò vicino ad Annar e gli chiese se egli avesse paura di morire e quindi di perdere per sempre l’adorata moglie e le sue due splendide figlie. Annar disse <<vedi Gunnar c’è sempre la possibilità di morire in battaglia, ma noi siamo dei guerrieri, le nostri mogli sanno quello che ci può succedere in battaglia, ma loro sono abbastanza forti da poter superare qualsiasi prova, anche prove più ardue di quelle che viviamo noi sui campi di battaglia>>.Gunnar dopo aver ascoltato le sue parole timidamente disse << sai io ho conosciuto una ragazza fantastica, si chiama Aurnia, è molto bella con una chioma dorata e gli occhi blu come il mare; le ho chiesto di sposarmi prima di partire e quindi vorrei mantenere la mia promessa>>. Annar rispose dicendo << allora combatti, resta vivo e ritorna dalla tua adorata Aurnia. Dopo queste parole Annar si alzò e augurò la buonanotte a Gunnar e andò a dormire, mentre Gunnar rimaneva a guardare le stelle mentre pensava alla sua amata che era sempre più lontana. Quando arrivò la mattina tutto già era in subbuglio, i venti erano stati favorevoli, le tappe erano state bruciate, entro il primo pomeriggio sarebbero arrivati a destinazione. Gunnar andò frettolosamente a prepararsi per la battaglia, il cuore batteva molto forte, vi era in lui un intreccio tra eccitazione e ansia. Annar lo raggiunse ricordandogli che quando sarebbero arrivati a terra lui avrebbe dovuto posizionarsi accanto e di non allontanarsi mai. La battaglia era sempre più imminente, dopo che tutti ebbero finito i propri preparativi giunse il momento di omaggiare il Dio Odino, Dio della guerra e quando la celebrazione stava per finire già si scorgeva la costa. Prima di scendere a terra Egil andò a fare l’ultimo discorso ai suoi uomini ricordandogli di non avere pietà e inoltre disse << non fate schiavi tra gli uomini non violentate le donne perché i guerrieri vichinghi non mischiavano il loro sangue con gente inferiore, che pensate che figli possano uscire eh……>>. Una volta giunti a terra tutti gli uomini presero posto dietro il loro re Olaf il quale il quale inviò il per prima cosa inviò il messaggero a re Byrhtnoth.





Wigelin

Wigelin se ne stava da sola e piangeva, ormai si era abituata sia alla solitudine che alle lacrime; si sentiva sola da quando suo marito era morto in battaglia sei anni prima, e da quando suo figlio, Winstan, da quel momento non ha avuto nessun altro pensiero se non quello di vivere per la spada e di onorare suo padre. Ed è per questo che non aveva mai smesso di piangere, e se non le uscivano lacrime era il suo cuore a soffrire; adesso un’altra guerra era alle porte, un’altra guerra significava la probabilità che anche suo figlio fosse portato via. Per quale motivo, per quale ragione? Ormai le voci giravano, tutti credevano che le donne fossero, cieche mute e sorde, ma si sbagliavano e lei lo sapeva. Quella non era una guerra ma un suicidio; doveva fare di tutto per difendere suo figlio. Nonostante l’età, Wigelin aveva ancore nel viso e nel corpo quella bellezza e quel fascino, che prima la rendevano una ragazza bellissima, ed ora una donna. Era sempre stata fedele a suo marito, ancora di più dopo la sua caduta, nonostante avesse avuto molte proposte di matrimonio, anche da personalità importanti del regno. Questo anche perché forse suo figlio non avrebbe approvato. Il loro rapporto era cambiato dalla morte del padre…di base c’era un vero e proprio amore di quelli che solo una madre ed un figlio possono capire e comprendere; ma nonostante la perdita del marito il rapporto si fosse rafforzato ancora di più, la testardaggine di Wistan di voler seguire le orme del padre e di onorarlo combattendo, aveva reso più chiuso e difficile la loro situazione. Si parlavano poco, e lei ancora non capiva perché era normale che per sentirsi vivi, gli uomini del suo tempo dovevano combattere e morire; solo la morte in battaglia dava un senso alla loro esistenza. Bhè…questo proprio non lo capiva e non lo accettava, anche se i suoi privilegi li aveva ottenuti grazie alle conquiste del marito; adesso era una di quelle fortunate ad avere una minima voce in capitolo snella vita di corte, e lei aveva in mente di sfruttare al massimo questo suo privilegio. Doveva difendere suo figlio.
Si affacciò dal balcone della sua stanza e vide che tutti si stavano preparando per la battaglia, e vedeva le altre donne piangere ed accompagnare i figli ed i mariti alla porte della città…doveva fare qualcosa anche per loro, doveva rappresentare il dolore di tutte quelle madri mogli che troppe volte avevano sofferto.
A quel punto prese una decisione, doveva far prendere una piega precisa a quello scontro, doveva fare in modo che il successore di Byrhtnoth sia una persona a lei vicina, doveva fare quello che il suo re Etelred non aveva mai fatto…prendere una posizione, precisa e determinata. Il destino dell’Inghilterra doveva prendere un’altra direzione.
Uscì, veloce dalla sua stanza, percorse le scale che la separavano dall’ala del castello dove c’erano le abitazioni dei cavalieri; ecco quello di poter girare in quella zona del maniero era uno dei suoi privilegi. Raggiunse una stanza, quella di un guerriero che più o meno la pensava come lei…Godric.
Bussò alla porta…dalla stanza risuonò una voce nervosa:
<<Chi è?>>.
<<Sono Wigelin, apritemi Godric, ho cose importanti da riferirvi>>.
Godric aprì la porta e lasciò entrare la donna.
<<Allora di cosa vuoi parlarmi Wigelin, lo sai vado di fretta, devo raggiungere gli altri per la partenza>>. Godric stava finendo di prepararsi, l’armatura lucida era indossata, l’elmo, lo scudo e la spada pronti ad essere presi e portati via in battaglia.
<<Sarò franca e sincera con voi, perché so che in parte condividete il mio pensiero...>> Wigelin si fermò, abbassò lo sguardo, non sapeva se continuare…
Ma Godric la spronò a parlare:
<<Avanti Wigelin, ormai sei qui, parla e non avere timore, qualunque cosa resterà tra noi>>
Godric si avvicinò a lei e le prese il viso tra le mani e la guardò negli occhi; per lei aveva sempre provato qualcosa, era una donna che meritava rispetto, ma lui provava anche qualcos’altro.
Lei si ritrasse con gentilezza, e continuò, sapendo di quello che Godric provava:
<<Voi sapete benissimo che questa guerra contro i barbari del Nord è un suicidio…sapete benissimo che perderemo la battaglia, la vita e la terra…dobbiamo fare qualcosa per assicurarci un futuro, o almeno assicurarlo ai nostri figli>>.
Godric guardò Wigelin con uno sguardo arcigno, sapeva dove voleva arrivare:
<<Sai cosa stai dicendo vero? Se ci sentisse qualcuno saremmo macchiati di tradimento e condannati!>>
<<Lo so, Godric>>…a quel punto lei si avvicinò a lui:
<<Ma io come voi abbiamo dei figli e dobbiamo fare in modo che loro, dopo Byrhtnoth, continuino a vivere e governare su questa nostra amata terra…il nostro signore non ha eredi, quindi secondo la nostra legge, o tuo figlio o il mio Wistan saranno i legittimi eredi>>
<<Lo so ci ho pensato, anche Offa non ha figli e suo nipote non ha parentele dirette con Byrhtnoth, così come Voderunser con suo figlio Hannober. Invece tuo marito e la mia adorata e defunta moglie erano fratello e sorella di nostro signore, e quindi sarebbero i discendenti diretti al trono dell’Essex>>.
<<Esatto, Godric, ma l’Essex è l’inizio, il futuro è Londra, l’Inghilterra!>>.
A quel punto i due si avvicinarono, i loro sguardi erano ambiziosi e determinati, le loro labbra si sfiorarono, si toccarono ed un bacio suggellò il loro accordo.
<<Devo andare Wigelin, tu sai che hai convinto prima il mio cuore più che la mente o l’ambizione…farò ciò che è giusto penserò ai nostri figli ed al nostro futuro>>.
<<Grazie Godric, sapevo di poter contare di voi, io vi aspetterò e farò in modo che il vostro ritorno sarà da trionfatore e non da traditore; Dio, l’Inghilterra, i nostri figli ed io ve ne saremo grati per sempre>>.
A quel punto Godric, prese la sua spada ed uscì, dopo poco lo seguì Wigelin che tornò nella sua stanza…nessuno però si accorse che poco prima Winstan era sul ciglio della porta, aveva visto la madre entrare furtivamente da Godric ed aveva ascoltato quanto bastava.




FINE

Godric

Lo svolgersi della battaglia era al culmine: il campo era ricoperto dai corpi e dal sangue dei cavalieri di entrambi gli schieramenti; si sentivano ancora le grida di quelli che erano coinvolti e lo schiantarsi di spade e scudi.
Quando Godric vide cadere e morire Byrhtnoth, capì che era giunta davvero la fine…lo aveva capito da tempo sin da quando si era riunito il consiglio; quella era una guerra persa in partenza. Del resto il suo signore aveva anche deciso di non approfittare dell’unico vantaggio offerto dal campo di battaglia; ed affrontare a viso aperto un’orda di barbari che hanno il triplo dei tuoi uomini, significa andare in contro ad una morte certa.
Lui non ci stava, pensava che i suoi figli meritavano un destino migliore, meritavano di vivere, al diavolo l’onore, al diavolo la gloria, se esse ti portano ad una stupida morte.
Il suo signore è andato così incontro al suo destino, lui ne aveva scelto un altro, per lui e la sua famiglia; era giunto il momento di mettere in pratica il piano.
Wigelin aveva ragione, perché morire quando si prospettava un radioso futuro, dove si poteva ricominciare, e l’Essex avrebbe avuto un nuovo sovrano che avesse regnato sulla scia ereditaria di Byrhtnoth.
Re Etelred era un incapace, i rinforzi non erano arrivati, giungevano voci di trattative che venivano portate avanti da diplomatici del regno con emissari di re Olaf.
Non era questo un tradimento peggiore del suo? Lui aveva abbandonato il campo di battaglia ma garantiva un futuro, a lui ed al suo popolo.
Fu in quel momento che balzò in sella al destriero più vicino, fu un caso, non si sa, ma quello era il cavallo più bello e veloce dell’Essex, era il cavallo di Byrhtnoth.
Galoppò fino a stremare l’animale, che appena giunto nel bosco, leggermente distante ed alle spalle del terreno di scontro, si mise a bere in un ruscello che scorreva, giungendo poi fino a valle.
Il bosco era un luogo sicuro, un riparo che Godric fin da subito aveva pensato di utilizzare per mettere in atto la strategia ideata da lui e Wigelin.
Lei era li ad aspettarlo, con lei c’erano due ragazzi ancora giovani per la battaglia, ma destinati ad indossare un’armatura ed imbracciare una spada, erano i figli di Godric.
Appena videro arrivare il padre i due ragazzi lasciarono le mani della donna e corsero verso Godric; lui li abbracciò, li strinse come non aveva mai fatto prima, li baciò e gli accarezzò il viso.
<<Figli miei, oggi è un giorno importante per noi e per il nostro futuro…il vostro destino è scritto, è Dio che lo vuole, oggi è stata persa una battaglia, ma noi faremo in modo di non perdere la guerra>>. I suoi occhi iniziarono a piangere, erano lacrime che trasudavano rabbia e rimpianti, ma la vista dei suoi due figli lo rincuorarono. Poi si rivolse alla donna:
<<Wigelin, fa ciò che devi, torna al castello, dici che Godric è morto in battaglia, ma i suoi figli vivono, lui rivive in loro, ed insieme al tuo Wistan fa che ricostruiscano il nostro regno e l’Inghilterra!>>
Così dicendo, iniziò a spogliarsi dell’armatura, gettò in terra la spada e lo scudo…
<<Godric, sicuro che nessuno vi ha visto? Con voi avete il destriero di nostro signore, come intendete gestire tutto questo? Come simulare la vostra morte?>>
<<Wigelin non preoccupare…il cavallo di Byrhtnoth è il più veloce, sono stato attento, nessuno mi ha visto o seguito…avrò il tempo di lasciare le mie armi sul campo di battaglia, prima di domani ancora nessuno sarà in grado di riconoscere i cadaveri dilaniati dalla battaglia…a te affido ciò che mi è più caro>>.
A quel punto i figli si rivolsero a lui:
<<Padre…dove andate…ci abbandonate?>> Godric si avvicinò a loro, si inginocchio e con sguardo fiero disse loro:
<<Figli miei io devo partire, ho un’ultima missione da compiere; il destino ha voluto che ci separassimo, ma vi lascio in ottime mani, Wigelin sarà per voi la madre che il fato vi ha tolto da piccoli ed insieme a Winstan dovrete compiere il vostro di fato, che sarà radioso ed utile alla causa di Dio e del nostro popolo. Non piangete, siate forti, un giorno ci rivedremo e magari mi inginocchierò dinanzi a voi!>>.
Poi si avvicinò a Wigelin:
<<Wigelin so che tu non provi quello che io ho provo per te…ma sono sicuro che ricambierai questo amore nei confronti dei miei figli>>.
Lei abbassò lo sguardo, ma prese con forza le mani dei due ragazzi, sapendo che adesso aveva una grande responsabilità e che non doveva assolutamente fallire e deludere un padre che le affidava i figli.
Questi ultimi iniziarono a piangere ma avevano la maturità per capire, così Godric fece per salire in sella al destriero che fu del suo signore, ma prima di andare, una voce tuonò alle sue spalle fermandone la corsa:
<<Dove credi di andare maledetto traditore, credevi che il vostro complotto passasse inosservato, la mia spada impedirà che tutto ciò avvenga. E mi duole che colei che organizzato tutto siate voi, madre!>> Era Winstan, ed era furioso, portava sul suo scudo, sulla spada e sull’armatura i segni della battaglia…anzi il colore di quella guerra, il rosso, quello del sangue.
<<Vi ho sentiti mentre complottavate al castello, così Godric, sono stato attento ad osservarti ed appena ho visto andare via il cavallo di Byrhtnoth, sapendo che il nostro signore non sarebbe mai andato via dal campo di battaglia se non da morto, l’ho seguito e adesso guarda un po’ che bel quadretto ho trovato>>. Dicendo queste parole iniziò ad avvicinarsi a Godric con aria minacciosa.
Ma sul suo passo si intromise Wigelin:
<<Figlio mio, aspetta, placa la tua ira, siamo tutti addolorati per la morte di Byrhtnoth e l’esito della battaglia, ma ti rendi conto che era già tutto scritto? Capisci che c’è stato un inutile spargimento di sangue? Abbiamo bisogno di ricostruire il nostro regno e la fiducia del nostro popolo, e tu sei il simbolo di questa rinascita insieme a questi due ragazzi>> E così dicendo indicò i filgi di Godric.
Lui trattenne le lacrime…era sempre sua madre ma nulla gli avrebbe impedito di fermare Godric, così la spinse via e le disse:
<<Madre, io vi amo più della mia stessa vita, ma io ho un dovere da compiere non solo per il nostro signore o per Dio, ma per mio padre e per me stesso…sono profondamente deluso da tutto ciò mentre voi complottate, molti dei nostri fratelli sono morti combattendo!>>
A quel punto parlò Godric:
<<Ascolta Wistan, la tua fedeltà è ammirevole, ma devi capire che Byrhtnoth, che ora siede tra i più valorosi in cielo, ha messo da parte l’interesse di tutti noi, per ottenere una gloria che ha portato solo morte. A Londra governa un incapace che fa trattative con il nemico mentre i nostri fratelli muoiono in battaglia; non è forse questo un tradimento più grave? Stai dalla nostra parte, ti spetta di diritto il trono dell’Essex, con tua madre puoi educare e crescere i miei figli affinché il nostro regno e l’Inghiltera tutta possano rinascere nella prosperità e la pace!>>
Ma Wistan non voleva sentire ragione e con tono deciso rispose:
<<Vile traditore, non hai il diritto di parlare del nostro re, di Byrhtnoth e soprattutto di mia madre…a Dio spetta giudicarci, tu hai contravvenuto ai tuoi doveri e per questo meriti la morte!>>.
Allora Godric capì, doveva affrontarlo:
<<Va bene Wistan, ma prima concedimi di far allontanare i miei figli, hanno già visto spargere troppo sangue e non meritano di essere marchiati ne come traditori ne di assistere alla mia disfatta>>. A quel punto Wistan si girò verso i ragazzi, che nel frattempo erano impietriti ed immobili dinanzi a quella scena, lui sapeva cosa significava restare senza padre e nei loro occhi c’era la tristezza di aver già perso la madre…
<<Va bene, madre portali via ed avviati al castello…faremo i conti in seguito>>.
Wigelin sapeva che non doveva dire o fare altro, i due uomini erano pronti allo scontro, così si avviò verso casa ma prima raccomandò al figlio con le lacrime agli occhi:
<<Figlio mio torna…non sopporterei di dover piangere anche per te dopo averlo fatto per tuo padre>>.
E rivolgendosi a Godric:
<<Godric, i vostri figli sono in buone mani, farò in modo che saranno cresciuti con onore!>> .
Così dicendo andò via.
<<Avanti Godric indossa la tua armatura e prendi la tua spada ed il tuo scudo…non combatterei mai contro un uomo disarmato, anche se costui è uno sporco traditore!>>.
Godric iniziò a rivestirsi, a quel punto gli spuntò un sorriso sul viso.
<<Cos’hai da ridere?>> Gli chiese Wistan
<<Rido perché nonostante vuoi la mia morte, in parte hai capito, ed è per questo che aiuterai i miei figli…lo so. In questo modo terrai fede al tuo dovere uccidendomi, ma ricompenserai questo gesto con la cura dei miei ragazzi>>.
<<Avanti Godric basta parlare, è il momento dei fatti!>>.
<<Vieni pure Wistan, se alla fine devono affrontarsi anche due fratelli, così sia…sempre tutto per volere di Dio e per la nostra Inghilterra…vinca il migliore!>>.
I due si lanciarono l’uno verso l’altro, entrambi sapevano che sarebbe stato l’ultimo duello, Wistan era deciso e determinato, colpiva con forza lo scudo di Godric e cercava sempre di trovare un varco nella sua armatura. Godric si difendeva e provava a reagire, ma quando Wistan, riuscì a colpirlo al cuore, nel suo sguardo non c’era dolore, sapeva che sarebbe stato lui a morire, così doveva andare, comunque sarebbe morto quel giorno. L’ultimo pensiero andò ai suoi figli…
Wistan era esausto, quell’ultimo scontro l’aveva ulteriormente provato, aveva notato una certa luce nello sguardo di Godric, quella del sacrificio.
Si sedette lasciò spada e scudo in terra e dentro di se iniziò a piangere, il duello tra lui e Godric era il simbolo di una completa disfatta.
Non ebbe modo di riflettere più di tanto, ne di pensare al futuro o alla madre, o magari di capire se Dio, Byrhtnoth o suo padre sarebbero stati fieri di lui e se aveva compiuto realmente il suo dovere per la sua terra. Una freccia vichinga lo colpì dritto alla nuca…l’unica cosa certa è che anche lui aveva trovato l’onore e la gloria con la morte in battaglia…nessuno sopravvive al suo sovrano.





Hannober

La sera stava arrivando, il sole volgeva al tramonto e nascosto tra le nuvole, rendeva il cielo rosso, proprio come il sangue che era stato versato su Maldon; i corvi e gli avvoltoi erano già schierati in alto pronti a godere delle carcasse dei morti.
Voderunser stava contando i superstiti, con loro si era recato su di una collina che separava il villaggio dal bosco, ormai l’orda vichinga avanzava senza più trovare resistenza; tutto era perso.
Eadric era morto, lo aveva visto combattere fino alla fine come un leone; Offa, suo grande amico, aveva combattuto solo come i più valorosi guerrieri sapevano fare, aveva persino ucciso il suo assassino dopo che quest’ultimo lo aveva infilzato; aveva persino vendicato con ardore la morte del suo giovane nipote Eeckboom che non avrà più la possibilità di addestrare i suoi meravigliosi falchi; di Godric e Wistan non c’erano traccia, o erano morti oppure…no non riusciva proprio a pensare ad un tradimento ed ad una fuga dei suoi amici. Con lui c’erano Aelfwine e Wulfstan, oltre a suo figlio Hannober ed ad un centinaio di cavalieri.
<<Amci miei…>> Vederunser inizio a rivolgersi a tutti; percepiva lo sconforto per la sconfitta ed il dolore per la perdita di tanti amici e fratelli.
<<Amici miei…non è adesso il momento di piangere coloro che si sono sacrificati per il nostro popolo. Adesso essi sono con Dio e ci guardano dall’alto…non deludiamoli!>>.
Poi continuò:
<<Per adesso siamo al sicuro qua su…ma non lo saremo per molto…i barbari stanno avanzando, ormai non c’è nessuno che gli opponga resistenza. Essi avanzeranno bruciando fino all’ultima casa prima di arrivare al castello. Essi si stanno impadronendo anche del bosco, luogo da cui possono aggirare le ultime difese e portare un ultimo e decisivo assalto alla nostra città>>.
<<Noi siamo gli ultimi rimasti, siamo l’ultimo baluardo che si frappone tra i luridi pagani e la nostra città…vendiamo cara la pelle!>>.
A quel punto Aelfwine e Wulfstan si alzarono ed imbracciarono le armi; il primo disse:
<<Capitano, ti seguirò fino alla morte…la caduta di nostro signore Byrhtnoth e dei nostri fratelli non sarà vana. Non torneremo a casa salvando la vita, non rinnegheremo la gloria, per finire la nostra esistenza come dei conigli. Abbiamo un ultimo compito, dobbiamo fare in modo che arrivino meno vichinghi possibili alle porte della nostra città…e credetemi, ho la fatica che mi sta consumando, la tristezza che mi logora…ma la rabbia e la voglia di uccidere i nostri invasori è più forte! Avanti amici andiamo in contro al nostro destino!>>
A quel punto tutti si destarono e come Aelfwine e Wulfstan, imbracciarono le armi e levarono al cielo un urlo di battaglia talmente assordante e deciso che anche il loro signore ed i loro fratelli li avevano sentiti dal cielo.
<<Bene allora penetreremo nel bosco e colpiremo i nemici nel lato e chi sopravviverà aggirerà l’argine della foresta, per poi colpire alle spalle l’esercito dei barbari che nel frattempo è diretto al castello>> Vederunser aveva indicato la strategia, forse era l’ultima che pianificava nella sua vita…poi vide che tra i più determinati e schierato in prima fila, c’era suo figlio Hannober; a lui rivolse le ultime parole:
<<Figlio mio mi dispiace ma tu non verrai con noi>> Ascoltando quelle parole, Hannober restò stupito:
<<Padre perché mi dite questo…avete forse in mente qualche altro piano?>>
<<Si, figlio mio, ho degli ordini nuovi per te…ma non riguardano più morte e combattimento…tu tornerai a casa…avrai il tempo, i barbari saranno impegnati per un po’ e da qui la città è più vicina>>.
<<Padre, che dite, perché volete che mi ritiri e che non combatta al vostro fianco? Volete forse che mi senta umiliato per tutta la vita?>>.
<<Ti sbagli figlio mio, a te spetterà il compito più importante; tu dovrai tornare per fare in modo che questo giorno sia ricordato per sempre, non dovrà esserci un solo inglese o abitante di qualunque nazione, che non sappia che oggi gli uomini dell’Essex hanno dato la vita per difendere il loro popolo e la loro terra, per la gloria di Dio. Racconterai tutto a Wiennacht e Kindjees, loro sapranno cosa fare>>.
<<Ma padre io voglio combattere, dare la vita per tutto questo…>>.
<<Figlio mio è un ordine che devi eseguire, l’ultimo da parte mia per te…è inutile che tutti muoiano se poi nessuno saprà mai del perché siamo morti e di come abbiamo affrontato il nemico. Vai Hannober, più forte che puoi…mi hai già reso fiero di te oggi…per me non ci sarà mai giorno più bello di questo dove ho avuto l’onore di combattere al fianco di mio figlio. Vivi e fa vivere la nostra storia.>>
Dopo quelle parole si avvicinò verso Hannober, i due si guardarono, fu uno sguardo che durò un attimo ma che fece capire ad entrambi tante cose, più di quanto possano farle capire le parole.
Infine si abbracciarono stringendosi forte, tanto che le armature scricchiolarono; trattennero le lacrime, tante ne erano state versate e per uomini come loro non c’era tempo per piangere.
A quel punto Vederunser montò a cavallo ed alla guida dei suoi ultimi uomini partì per l’ultimo attacco; Hannober salutò Aelfwine  e Wulfstan, poi li vide tutti allontanarsi ed ad andare incontro alla fine. Poi montò sul suo destriero e iniziò a galoppare verso casa, sapeva che per i suoi fratelli sarebbe stata l’ultima battaglia, sapeva che era l’ultima volta che avrebbe visto suo padre.
Adesso le lacrime iniziarono a rigare il suo viso.



  

Ritorno a Casa

La battaglia era finita i vichinghi avevano ottenuto ciò per cui erano partiti, ed ora stavano per fare ritorno a casa. Tutti erano molto contenti per l’esito dello scontro, soltanto una persona se ne stava in disparte, malinconica. Si trattava di Annar, che non partecipava ai festeggiamenti perché doveva iniziare a pensare a come avrebbe dovuto dire alla madre di Gunnar della morte prematura del figlio. Quando le navi vichinghe arrivarono a destinazione tutti tornarono dalle proprie famiglie per riabbracciare i propri cari, mentre invece Annar, senza esitare, si diresse verso casa di Gunnar. Busso alla porta e dopo qualche minuto, la madre del giovane aprì la porta e vedendo Annar rimase un po’ sorpresa e subito gli chiese dove fosse il figlio. Annar rispose che forse era meglio entrare dentro e sedersi, il racconto sarebbe stato molto lungo. Quando i due furono dentro si sedettero al tavolo e dopo aver consumato due coppe di acqua Annar iniziò il suo discorso. Annar << siamo arrivati in Bretagna con un giorno di anticipo, le contrattazioni non hanno avuto esito positivo, re Byrhtnoth ha preferito sacrificare i suoi uomini>>. La donna seguiva attentamente il racconto di Annar la sua espressione iniziava a cambiare, forse cominciava a capire che qualcosa era andata male, almeno per quello che riguardava l’esito della battaglia del giovane figlio. Annar continuò dicendo <<all’inizio della battaglia le cose sembravano complicarsi perché non vi era modo di entrare tra le linee nemiche, ma con un abile strategie del nostro re ci fu aperta la strada e la battaglia allora prese vita>>. Ainre, madre di Gunnar, interruppe Annar e scoppiò in lacrime e allora disse << ma mio figlio che fine ha fatto? Perché non è ancora venuto ad abbracciare sua madre?>>. Il viso di Annar era diventato completamente bianco e prima di rispondere alla domanda chinò il capo ,non voleva guardare colei che era rimasta sola al mondo in viso mentre stava per iniziare a pronunciare le sue parole, ma dopo aver preso il respiro disse << Annar è stato il guerriero più valoroso della battaglia, se non fosse stato per lui avremmo vinto lo stesso ma lui di certo ha permesso che le nostre perdite siano state minori rispetto a quello che pensavamo; lui è stato molto valoroso perché non ha avuto nemmeno un attimo di esitazione quando ha visto re Byrhtnoth e ha, con molto coraggio, cercato subito lo scontro avendo la meglio sul suo rivale. Ciò ha messo in fuga molti nemici e questo ci ha notevolmente facilitato le cose, ma la battaglia era ancora nel vivo e Gunnar ……….. è stato trafitto da una spada nemica>>. Le parole di Annar provocarono un silenzio tombale, le parole lasciarono posto ad un pianto incessante, la donna sembrava disperata, non riusciva a darsi ragioni. Annar allora si alzò in piedi e rivolgendosi verso di lei disse << io sono stato mandato qui da re Olaf il quale mi disse di dirle che noi tutti ci stringiamo intorno a lei per il dolore causato dalla perdita del suo troppo giovane figlio e che questa sera si terrà a corte un banchetto in suo onore e per questo le chiediamo di partecipare per festeggiare colui che è morto valorosamente facilitando il nostro compito e che ha permesso il ritorno a casa di molti padri e mariti>>. La donna nonostante fosse ancora scossa dalla notizia accetto l’invito ma chiese ad Annar se la potesse lasciare da sola per qualche momento. Annar allora fece ritorno a casa dove finalmente riabbracciò la moglie e le due figlie, ora si preparava per un periodo di pace. Quando arrivò la sera tutto era pronto per il banchetto, coloro che avevano preso parte alla battaglia erano tutti a corte, compresa Ainre, che era seduta accanto a re Olaf al centro della tavola, il quale prima di iniziare a banchettare prese in mano il calice lo sollevò al cielo e rivolgendosi ai propri ospiti disse <<questa notte noi la dedichiamo a Gunnar il quale adesso si trova nel regno dei nostri padri e con volto sereno siede accanto a loro>>. Mentre il banchetto continuava non molto lontano dal castello una giovane preparava a gettarsi da un dirupo, si toglieva la vita dopo aver appreso della morte del suo amore che voleva tornare ad abbracciare in luogo che non li avrebbe mai più separati.




Il Funerale

Era tutto finito; a Maldon gli unici rumori che si sentivano erano quelli del vento e degli uccelli predatori di cadaveri. Era il giorno dopo la battaglia e sul campo non era visibile un solo pezzo di terra…c’erano soltanto corpi senza vita. Ora non contava più nulla a quale esercito potessero appartenere, ora erano tutti uguali, erano tutti morti e tutti risiedevano in cielo, ognuno in compagnia del proprio Dio.
Era questo che pensava Wiennacht mentre, in compagnia di Kindjees, arrivava con un calesse per cercare e prendere il cadavere del loro signore Byrhtnoth.
La guerra era finita, l’ultimo sacrificio degli uomini di Vederunser era servito a guadagnare quel tempo giusto per impedire che la città fosse rasa al suolo e razziata dai vichinghi…nel frattempo i diplomatici di re Etelred erano riusciti a trattare con gli emissari di re Olaf, ottenendo una tregua. Il prezzo fu molto alto: oro, danaro, la possibilità di utilizzare la costa dell’Essex come punto di sbarco e commerciale per gli scandinavi verso l’Inghilterra e quindi verso l’Europa. La tregua era costata la vita a migliaia di uomini che invano avevano atteso l’arrivo di rinforzi, che forse non avrebbero neanche avuto il tempo di intervenire. Gli inglesi avevano ottenuto la fine delle ostilità, la possibilità di non vedere distrutta la città e l’opportunità di andare a recuperare il corpo del loro signore e di seppellire gli altri caduti.
Wulfstan era arrivato stremato in città ed aveva iniziato a raccontare tutto ai due poeti dall’inizio alla fine e mentre Wiennacht, prendeva nota per scrivere quella storia, ed un anticipo, che sarebbe stato recitato durante il funerale del loro signore, Kindjees preparava le musiche da utilizzare per accompagnare le parole dell’amico.
<<Sarà un’impresa trovare il corpo di Byrhtnoth, si dice che gli sia stata mozzata la testa.>> affermò Kindjees con molta tristezza.
<<Infatti amico mio, gli altri valorosi sono già tornati a casa e messi dentro una bara, ma Byrhtnoth ancora non è stato ritrovato>> rispose Wiennacht, mentre scriveva.
Kindjees, portava il calesse e rivolgendosi al compagno disse:
<<Cosa scrivi Wiennacht? Rivedi quello che ci ha narrato Wulfstan o hai altre idee sulla storia?>>.
<<In realtà stavo pensando ad alcune cose; sai quando sei davanti alla morte e il tuo naso sente la sua puzza ed i tuoi occhi vedono la sua opera? Non puoi che riflettere>>.
<<Riflettere su cosa?>>.
<<Vedi alcune cose non tornano; Wulfstan ci ha narrato la preparazione alla battaglia ed il suo svolgimento fine al triste epilogo che ha vissuto con il padre. Ma quello che mi lascia dubbioso è il ritrovamento dei corpi di Godric e Wistan nel bosco; uno infilzato da una spada ed un altro trafitto da una freccia. E’ come se i due si fossero incontrati li, in un contesto che andava al di la della battaglia stessa, e che poi siano morti; e poi se uno è caduto per via di una freccia, perché il nemico si è preso la briga di arrivare ad un attacco frontale per uccidere l’altro? Non bastava un’altra freccia anche per lui?>> Ci fu un attimo di silenzio, entrambi stavano riflettendo su quelle parole.
<<Effettivamente…>> parlò Kindjees, <<…è strano; anche gli atteggiamenti di Wigelin che era con i figli di Godric sono da prendere in considerazione>>.
<<Amico mio non vorrei che sotto questa triste storia ci sia qualcosa di più oscuro…>>.
<<Bhè alla fine ogni scontro nasconde degli aspetti oscuri legati al potere, ma alla fine anche se abbiamo subito una disfatta, i nostri cavalieri si sono battuti con onore>>.
A quel punto Wiennacht si destò e mise un attimo da parte i suoi appunti:
<<Ma quale onore? Dove c’è l’onore quando si abbandona un vantaggio offerto dal tuo territorio per affrontare un nemico che sicuramente ti avrebbe spazzato via. Dove c’è onore quando combatti per un re che invece di partecipare in prima persona e preoccuparsi dei suoi uomini inviando delle truppe, firma una tregua, dopo che i suoi stessi uomini hanno dato la vita per il loro regno. Vedi Kindjees forse è qui, in questo passaggio che ci sarebbe utile comprendere la vicenda di Godric e Wistan, visto che i figli dell’uno sono con la madre dell’altro e sono i futuri eredi al trono dell’Essex. E’ come un tassello mancante in un grande ingranaggio…>>.
Kindjees si sentì quasi zittito, ma la riflessione di Wiennacht non era del tutto sbagliata anche se lasciava presagire dei brutti eventi.
Ad un certo punto un bagliore colpì i due uomini, era un bagliore che distingueva un corpo da tutti gli altri…si avvicinarono e l’armatura dorata, la cui luminosità era coperta dal sangue, non lasciava alcun dubbio, quello era Byrhtnoth. La statura era la sua ma purtroppo le voci che giravano erano vere; i vichinghi si erano presi un’altra libertà tacitamente inclusa nelle clausole della tregua: la testa alla sommità del corpo non c’era, era staccata di netto, era il trofeo della vittoria da esporre e da mostrare quando si tornava a casa o quando si intraprendevano altre battaglie.

Era giunto il momento, il vescovo di Canterbury stava recitando le preghiere da rituale; nella bellissima cappella del castello dell’Essex, c’erano tutti, in prima fila anche re Etelred. Nessuno mancava all’appello per salutare quei valorosi; se persino l’arcivescovo si era scomodato per andare a recitare la messa funebre si poteva capirne l’importanza. Ma a colpire non erano solo le presenze illustri; erano in chiesa anche i contadini, i maniscalchi, i fabbri, i falegnami…insomma tutta la città si accalcava dentro e fuori la chiesa per rendere omaggio agli eroi di Inghilterra. Era quella la vera testimonianza dell’operato del loro signore Byrhtnoth.
Le bare in cui riposavano i corpi dei caduti erano di un semplice legno e tutte uguali, non c’era bisogno di sfarzi per rappresentare l’onore e la gloria di quegli uomini. La bara di Byrhtnoth era riconoscibile perché posta al centro e rialzata su un baldacchino.
All’arrivo del re non c’era stata tanta festa, non c’erano stati sorrisi, la gente sapeva di come egli aveva operato; non potevano esternare i loro sentimenti, ma ormai si sentivano abbandonati: il popolo dell’Essex era senza signore che aveva perso la vita in battaglia, e senza re che nel frattempo trattava col nemico.
L’atmosfera era ovviamente triste, tutti piangevano i loro caduti, più in disparte Wulfstan e Wigelin piangevano rispettivamente il padre ed il figlio. Lui doveva stare più avanti, avrebbe dovuto essere il testimone d’onore della battaglia…la gente sapeva che non era scappato ma che aveva avuto l’ordine di tornare per far sapere a tutti quello che era successo. Ma lui a tutto questo preferì il silenzio e starsene nell’ombra a condividere il suo dolore con se stesso.
Lei non versava lacrime, il suo cuore era distrutto, dopo suo marito, anche il suo adorato figlio era morto, ma il futuro viveva nelle mani che stringeva in quel momento, erano le mani dei figli di Godric che piangevano a dirotto. Loro erano il suo unico motivo per andare avanti e vivere.
Andò al leggio Wiennacht accompagnato da Kindjees:
<<Adesso accompagnato dal mio inseparabile amico che darà vita alla musica, reciterò alcune parole in ricordo ed in onore dei nostri fratelli morti in battaglia>>
Kindjees iniziò a suonare, e dopo qualche nota attaccò Wiennacht:

Un giorno l’Inghilterra fu destata da una pericolosa minaccia,
era notte ed un re rischiava di perdere la faccia.
Nostro signore guidato da Dio, radunò i suoi uomini migliori,
e con coraggio ed onore partì verso quel campo dove un tempo c’erano i più bei fiori.
Erano amici, erano fratelli,
ora sono morti ed in cielo vivono in dorati castelli.
Su quel campo non ci sono più i fiori, ma il sangue di questi signori.
Noi oggi li piangiamo e li ricordiamo,
sapendo che vivranno per sempre nei nostri cuori.
Li amiamo e Dio veglierà su di loro,
gloria ed onore ricoprono le loro eterne esistenze,
pensiamo ora al dolore ed alla sofferenza di chi a loro era legato,
è questo il prezzo che per questa guerra hanno pagato.
Pace e prosperità auguriamo all’Inghilterra,
protetti da Dio e sempre fedeli a chi governa questa terra!”
Questi versi suscitarono sensazioni contrastanti; re Etelred non ne rimase del tutto soddisfatto, il resto della povera, ma nobile platea piangeva ed era profondamente commossa. Wulfstan e Wigelin erano evidentemente quelli più coinvolti e si sentirono parte di quelle parole come se le avessero scritte e pronunciate loro. In effetti le avevano realmente vissute.
Quando tutto finì ed i corpi posti nelle bare furono seppelliti, tutti si separarono ed andarono ognuno a casa propria a continuare a fare i conti con il proprio dolore.
Ormai era giunta la sera, in cielo c’era una splendida luna piena e l’oscurità della notte era come spazzata via da un magnifico tappeto di stelle.
Wigelin vedeva dal balcone della sua stanza questo spettacolo e provava a riconoscere le costellazioni, e forse a vedere l’anima in cielo di suo figlio.
Si sentiva lievemente rincuorata, la natura le diede un momento di pace; tornata dentro si avvicinò al letto dove dormivano stremati i figli di Godric. Avevano dovuto superare delle dure prove, se non combattendo, le avevano affrontate emotivamente.
Si avvicinò a loro, erano due bellissimi ragazzi, il più grande già aveva l’aria di chi diventerà un grande sovrano, mentre il più piccolo prometteva bene per abilità ed intelligenza.
Li amava, forse era una compensazione al suo dolore, ma lei aveva bisogno di amare qualcuno e di essere amata, e quei bambini erano la sua nuova vita.
Rimbocco per bene loro le coperte e sussurrò nelle loro orecchie queste parole:
<<Vostro padre sarà sempre con voi, vi amerà per sempre; ora per voi ci sono io, farò in modo che la vostra vita sia piena di affetti e soddisfazioni. Il vostro futuro sarà radioso, e con il vostro quello dell’Inghilterra. Grazie a voi il sacrificio di tutti non sarà mai vano>>.
Poi tornò al balcone e diede un ultimo sguardo, in alto, fuori, prima di andare a letto;
stavolta non ne aveva solo l’impressione, ne era sicura, ora il cielo le sorrideva.





Epilogo

La pioggia batteva forte sulle finestre, era pomeriggio ma il cielo grigio, rendeva l’ora più tarda. La candela con cui Ashley si faceva luce per leggere, si stava per spegnere.
Aveva finito, era rimasta senza parole; aveva letto tutto senza interruzione, come una persona beve un bicchiere d’acqua nel deserto.
A quel punto chiuse le pagine e le ripiegò con attenzione, non voleva rovinarle; iniziò a riflettere sulle cose che aveva letto. Molte cose le erano più chiare: il “tradimento” di Godric, l’atteggiamento in battaglia di Byrhtnoth, quello di re Etelred, e quello di tutti i protagonisti della battaglia.
Era commossa per come quegli uomini avevano combattuto e perso la vita per quella causa; allo stesso tempo era rimasta stupita di come altre figure, invece, agivano alle spalle incuranti della battaglia in corso.
Ma l’aspetto più interessante era come, solo adesso, riusciva a comprendere che anche i vichinghi, nonostante erano invasori, morivano in battaglia; insomma la morte non ha una patria o un solo schieramento, anche loro tornati a casa avevano pianto i loro cari.
La vera sorpresa fu scoprire, come una donna, Wigelin, ebbe un ruolo di fondamentale importanza nello svolgersi delle cose; a quel tempo le donne dovevano solo badare alla casa ed ai figli piccoli; Wigelin dimostrò tutt’altro, ella riuscì a condizionare gli eventi per amore del proprio figlio e del suo popolo. Certo forse tradendo in un certo qual modo coloro che cadevano in battaglia, ma chi è che può giudicare i comportamenti di chi è coinvolto in uno scontro mortale, o se vi sono coinvolti i propri cari?
Mentre pensava a tutte queste cose, ormai al buio, sentì una voce alle sue spalle:
<<Ashley, tesoro mio, che ci fai ancora qui al buio?>> era suo padre.
<<Papà, ho trovato una cosa incredibile, anzi ho letto una cosa incredibile…>> e passò i fogli al padre.
Lui iniziò a sfogliarli ed a dargli uno sguardo:
<<Accidenti, non posso crederci, è il continuo e l’inizio della battaglia di Maldon!>>, esclamò.
<<Esatto, ed è sempre stato nella biblioteca di famiglia…se lo sapesse il bisnonno piangerebbe dalla felicità>>, disse ridendo Ashley.
<<In realtà, tesoro, secondo me mio nonno qualcosa sapeva…vieni con me devo mostrarti una cosa>>
Ashley e suo padre uscirono dalla biblioteca e si avviarono verso lo studio, dove Sir Cotton conduceva le sue attività.
La dimora dei Cotton era meravigliosa: si trovava fuori il centro di Londra in uno dei quartieri residenziali più importanti. Era una villa in legno a quattro piani con un giardino che la circondava tutt’intorno.
Grandi scaloni separavano i vari piani dove c’erano le stanze ed i saloni.
Giunti nello studio, il padre di Ashley si diresse verso la cassaforte che c’era dietro un altro quadro di Sir Cotton, il bisnonno di Ashley; stavolta era una raffigurazione diversa, durante una battuta di caccia.
Aprì la cassaforte ed estrasse una cornice con dentro un cartoncino che raffigurava un ritratto di una donna; l’epoca era medievale e la donna nobile, visti gli abiti con cui era vestita.
Sir Cotton porse la cornice ad Ashley e dopo le diede un’altra foto, quella di sua madre.
Ashley iniziò ad osservare le foto; ci impiegò un pò di minuti, rivedere il volto della madre le dava sempre una certa emozione.
Ad un certo punto esclamò:
<<Papà ma questa donna assomiglia molto alla mamma!>>
Il padre rispose:
<<Esatto figlia mia; e la donna in questione sai chi è?...è la Wigelin di cui si narrano le gesta in queste pagine!>>
Sentendo queste parole Ashley restò a bocca aperta…
<<Ashley il tuo bisnonno sapeva fin dall’inizio che c’era qualcosa di strano in quel manoscritto originale e che mancavano delle parti troppo importanti… >>
<<E tutto questo cosa c’entra con la mamma?>>, chiese Ashley…
<<Vedi. Attraverso delle ricerche, mio nonno venne a sapere che esisteva un filo conduttore tra la famiglia nobile di Wigelin e la nostra…lei come hai letto era vedova e suo marito era il fratello di Byrhtnoth…ecco diciamo che siamo gli eredi dei vecchi sovrani dell’Essex>>.
<<Cosa e perché nessuno ne sa nulla?!>>, esclamò lei…
<<Perché la storia che hai letto è scritta quando Byrhtnoth non aveva eredi e Wistan, il figlio di Wigelin, che sarebbe stato di diritto l’erede, è morto in battaglia. Quindi, in realtà adesso, se ci fossero degli eredi di Godric ed i suoi figli, sarebbero anche loro eredi dei sovrani dell’Essex>>.
Ashley cambio espressione, i suoi occhi si aprirono e cambiarono colore, ora erano bellissimi…
<<Quindi la mamma è un’erede di Wigelin…>>
<<Esatto, Ashley, tua madre è erede di una donna che aveva molto carattere e coraggio in un’epoca in cui le donne dovevano averne per forza per poter andare avanti. E credimi, figlia mia, anche tua madre era così, e tu la fai rivivere ogni giorno, con la tua curiosità e la tua determinazione. Ashley tua madre ti è sempre vicino…è dentro di te!>>.
Dopo queste parole lui si avvicinò alla figlia e l’abbracciò; fu un abbraccio lungo e commovente, ma Ashley, dopo aver lasciato le braccia del padre iniziò a sorridere.
Aveva scoperto troppe cose quel giorno, troppe anche per la sua curiosità, ma sapere che la madre era discendente di una stirpe nobile e che si era sacrificata secoli prima per il bene dell’Inghilterra la rendeva fiera e felice.
Questa nuova storia le fece capire come le parole siano importanti, le avevano descritto una storia, l’avevano fatta viaggiare nel tempo, le avevano fatto conoscere degli eventi e delle persone; le diverse interpretazioni e parole usate le fecero capire di come gli eventi si possano modellare e porre in tanti modi; come un pittore che fa un quadro ed ogni tanto gli da un tocco di colore.
Infine le avevano dato una nuova immagine di sua madre e lei ne aveva bisogno, in realtà si era sentita sempre in colpa visto che quando lei nasceva sua madre perdeva la vita.
Ma adesso capiva, il sacrificio forse era una qualità innata della loro famiglia…e adesso iniziava anche a capire alcune storie che suo nonno le narrava ed i tanti riferimenti che egli faceva a tutta questa storia.
Si era felice, la sua verità era quasi completa, ora sistemato il passato, toccava a lei costruire il suo futuro, proprio come una storia, ma a scriverla sarebbe stata lei stessa.
Si fece sera, Ashley si affacciò, era una bellissima serata, tutto in sintonia con le sue emozioni; si mise a guardare il cielo, cercando di scovare attraverso le stelle, le figure di tutti i protagonisti di una storia che l’aveva accompagnata per un bel po’ di tempo. Anche lei è protagonista di quella storia, ma sapeva che il suo viso sarebbe comparso lassù non stanotte, il cielo avrebbe aspettato.
Nel frattempo iniziò a sorriderle…anche a lei.